Rewind - Juan Carlos Lorenzo

Dopo l'amaro risultato nell'ultima finale di andata e ritorno della Copa Libertadores disputata domenica 11/11 tra Boca Jr e River Plate, terminato con uno scabroso 2-2,  ci tenevo a rendere omaggio a chi questa Copa l'ha vinta più di una volta sulla panchina della compagine "Azul y oro" del Boca e che nel lontano 1977 portò gli Xeneizes sul tetto del mondo vincendo per l'appunto la Libertadores e la coppa Intercontinentale (oggi, coppa del mondo per club) battendo il Borussia M'gladbach e stampando sulle facce degli europei i colori blu e oro, auspicandoci che nella partita di ritorno, in casa del River, arrivi finalmente la tanto e agognata settima Libertadores o come direbbero a Buenos Aires, la Septima!

 

Juan Carlos "El Toto" Lorenzo 

La storia che sto per raccontare è quella di un personaggio nel vero senso della parola, "El Toto", la sua stravagante determinazione miscelata ad una pura scaramanzia lo rendeva un pezzo unico di quell'epoca. Una figura sicuramente di grande carisma con idee ben scalfite nella sua mente geniale...

 

Ci troviamo in Argentina nel primo novecento e come tutti gli argentini di quel periodo Juan Carlos fu ammaliato dalla potente scia "magica" di quel pallone che rimbalzava sullo sterrato argentino di quei tempi. Ovviamente Sinistro! Piede che ha scritto e che scriverà pagine e pagine di storia calcistica di quella nazione. Aveva una notevole qualità di tiro, collo-interno forte, mancino. Oltre ad avere un ottimo ritmo di fascia, giocava prevalentemente su quella sinistra, catapultando cross tesi ed insidiosi per le difese avversarie. Entrò subito a far parte della squadra del Chacharita Juniors ma il trampolino di lancio fu il tanto acclamato e ricco Boca Juniors. A 23 anni entra a far parte del gruppo Xeneizes, esperienza positiva che lo porterà a giocare in Italia, nella Sampdoria, dove si fece notare per il suo estro. Dopo l'esperienza italiana si trasferisce in Francia nel Nancy dove il sogno di insegnare calcio prendeva sempre più spazio nelle sue idee e ambizioni. Partecipò a diversi corsi di allenatore, uno di questi con il grande Alfredo Dì Stefano, giocò ancora per qualche anno in Spagna dove decise di appendere gli scarpini al chiodo ed indossare il fischietto. Alla prima esperienza da allenatore, condusse il Mallorca dalla terza divisione alla prima riscuotendo parecchio successo. Decise così di ritornare in patria dove fu assunto dal San Lorenzo. Dopo una piccolissima parentesi a Boedo, Lorenzo guidò per una stagione la Nazionale di calcio Argentina nel 1962 pronta a disputare i campionati del mondo a Santiago del Chile, parentesi chiusa in malo modo senza qualificazione per i quarti di finale, dove la stella tanto amata dell'Argentina di quel periodo storico, Josè Sanfilippo, non brillò più di tanto. Campionato mondiale che vide vincere il Brasile di Garrincha, Vavà, Zito e Nilton Santos. Juan Carlos torna in Italia, dove lasciò un ottimo ricordo, chiamato dalla Lazio, Lorenzo, mostrò le sue idee calcistiche che divennero il fiore all'occhiello della sua carriera oltre ad essere un' elegante uomo di calcio portò innovazioni e fantasie sotto il punto di vista puramente tattico. Guidò la Lazio dalla Serie B alla Serie A, facendosi amare da tutti i tifosi laziali. Per un caviglio contrattuale decise di non continuare l'esperienza laziale e lasciò i tifosi con l'amaro in bocca firmando per i cugini odiati della Roma. Rinominato Don Juan, vinse in un anno di permaneza nella Roma giallorossa una Coppa Italia. Lasciò il club per un clamoroso ritorno sulla panchina albiceleste per disputare nuovamente i mondiali di calcio del 1966. Superò il girone ma fu sconfitto per 1-0 dagli Inglesi che, dopo aver superato Argentina e Portogallo si proclamarono campioni del mondo battendo 4-2 nella famosissima finale i tedeschi dell'Ovest. Terminò di nuovo la sua breve apparizione con la Nazionale. Dopo delle brevi parentesi al River Plate in Argentina e al Mallorca in Spagna si sedette di nuovo sulla panchina biancoceleste. Nella sua permanenza romana, durante un giorno di influenza, Lorenzo, guardando una partita dell'Internapoli (squadra napoletana – zona camaldoli) ebbe come d'incanto un'intuizione su due calciatori di quella squadra. Il primo era Giuseppe Wilson e il secondo Giorgio Chinaglia. Dopo averli proposti al presidente della Lazio di quei tempi, riuscì nell'impresa di portarli a Roma. Dopo qualche anno i due calciatori scoperti dal tecnico Lorenzo divennero due stelle dal valore assoluto in quella Lazio che face paura all'intera Italia. Terminò con successo la sua seconda esperienza laziale. Fu richiamato dal San Lorenzo in Argentina per guidare una squadra forte, fortissima, con una struttura di base solida e con tantissimi "Carasucias" (faccia sporca), giocatori provenienti dal vivaio di quel club, come Victor Francisco Casa "El Manco" per via di un incidente in cui perse una mano, Fernando Josè Areàn "El Nano" per la sua altezza, Narciso Horacio Doval "El Loco" poichè esitò troppo nel driblare e beffare lo storico portierone del River Plate Amadeo Carrizo e in fine "El Bambino" Veira, classe innata e tanta forse troppa fantasia. Questi, scrissero pagine importanti di quell' epoca, che fu rinominata "Epoca dorada". Fu subito inquadrato, prima dal quartiere e poi dalla stampa come un personaggio strambo, fra un' illusionista e un indovino ma anche serio e laborioso, un vero e proprio "santone" che si cibava di calcio. A Boedo ritrova due elementi, reduci dall'esperienza del mondiale del 62' e 66' essenziali tatticamente come il portiere Irusta e il "Nene" Sanfilippo. Raggiunse il picco più alto di notorietà quando durante gli allenamenti, "El Toto" Lorenzo, fece allenare i propri giocatori facendoli acchiappare delle galline, aumentando così riflessi ed elasticità. Lorenzo passava ore e ore sul campo di allenamento, distruttive erano le molteplici volte in cui veniva provato uno schema tattico, essendo uno scaramantico nulla lasciava al caso, basti pensare che, durante le partite, faceva passare il pulman con il semaforo rosso, rischiando più volte di finire schiacciato oppure, quando il San Lorenzo era in trasferta, alloggiava incondizionatamente in una qualunque camera purchè sia col numero 8 ! Le ore passate sul terreno di allenamento fruttavano oro, stravinse il Campeonato Nacional battendo record su record. Terminò il campionato con zero sconfitte. L'opera calcistica resterà negli almanacchi del calcio internazionale poichè El Toto" Lorenzo ripetè la stessa impresa quattro anni dopo con Il Boca Juniors, vincendo, questa volta, anche la coppa continentale e mondiale. Vinse lo spirito di quell'epoca, vinse la gente, vinsero i tifosi poichè 17 dei 20 elementi che stravinsero il Campeonato Nacional provenivano dal vivaio di quella squadra. Terminata l'esperienza gloriosa al San Lorenzo, nel 1974, "El Toto" si trasferì a Madrid sponda Atletico dove gia aveva assaporato quel clima festoso e caloroso dei tifosi da giocatore, e sulle ali dell'entusiasmo, condusse "Los Colchoneros" in finale di Coppa dei Campioni contro i tedeschi del Bayern Monaco persa sfortunatamente. Dopo la ricca parentesi europea, Juan Carlos Lorenzo si trasferì in Argentina dove saltò da una panchina all'altra vincendo titoli molto importanti fino agli anni ottanta. Morì nel 2001 a Buenos Aires nella sua città Natale.

 

La stampa non ha mai esaltato del tutto il suo spirito da "mago scaramantico".

Te abrazamo Toto que fuera siempre campeon y dale siempre Boca!

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Commenti: 1
  • #1

    Ermias kasgen (venerdì, 21 gennaio 2022 14:56)

    l went be play football in your project and I live in ethiopia am 15 years old help me play your project am poor man